Il Grant Study è uno studio longitudinale iniziato nel 1938 all’interno del progetto “Study of Adult Development” della facoltà di medicina di Harvard. Uno studio longitudinale è uno studio nel quale lo stesso campione di partecipanti viene analizzato per un lungo periodo. E, infatti, sono stati seguiti 724 uomini e oltre 1300 dei loro discendenti, nel corso di tre generazioni.
Il Grant Study è stato condotto di pari passo con il “Glueck Study”, che includeva un secondo campione di 456 giovani residenti di quartieri svantaggiati di Boston. Tutti i partecipanti sono stati valutati almeno ogni due anni.
Sono state raccolte informazioni sulla loro salute mentale e fisica, sulla carriera lavorativa, sull’esperienza della pensione e sulla qualità delle relazioni coniugali e familiari/amicali.
L’obiettivo originale dello studio era identificare gli elementi che possono aiutarci a predire un invecchiamento in buona salute.
Lo studio, la sua metodologia e i risultati sono stati descritti in tre libri da uno dei fondatori dello studio, George Vaillant. Attualmente lo studio è diretto dal Dr. Robert J. Waldinger presso il Massachusetts General Hospital. Nel campione dello studio ci sono stati quattro senatori, un membro del gabinetto presidenziale e il Presidente John F. Kennedy.
Nel corso degli anni, i ricercatori hanno studiato lo sviluppo della salute dei partecipanti, i loro successi e fallimenti lavorativi, i loro matrimoni, i loro divorzi e in senso più ampio le loro vite.
“La scoperta sorprendente è che le nostre relazioni e quanto siamo felici nelle nostre relazioni hanno una forte influenza sulla nostra salute“, ha dichiarato Robert Waldinger, direttore dello studio, psichiatra presso il Massachusetts General Hospital e professore di psichiatria presso la Harvard Medical School. “Le persone che erano le più soddisfatte nelle loro relazioni all’età di 50 anni si sono dimostrate poi le più sane all’età di 80 anni”, ha detto Robert Waldinger “Prendersi cura del proprio corpo è importante, ma anche prendersi cura delle proprie relazioni si è dimostrata una efficacissima forma di cura di sé. La forza delle nostre connessioni con gli altri può rivelarsi un criterio predittivo per la salute fisica e mentale. Questa, penso, è la vera rivelazione. Le relazioni che creano un senso di sicurezza – quelli che possiamo definire i nostri contatti più stretti, vale a dire quelle persone che possiamo chiamare nel cuore della notte se abbiamo un problema e la cui vicinanza è capace di farci sentire meglio – sono gli elementi costitutivi fondamentali di una vita felice», afferma infatti Waldinger. Non a caso, il motivo per il quale le persone che possono godere di forti connessioni sono più sane, è che trovano più facile regolare lo stress.
Sono i rapporti interpersonali, più del denaro o della fama, ciò che rende felici le persone per tutta la vita. Questi legami proteggono le persone dalle difficoltà della vita, contrastano il declino mentale e fisico e sono i migliori predittori di vite lunghe e sane; molto più importanti rispetto alla classe sociale, al QI (Quoziente intellettivo) o persino al patrimonio genetico. Questa scoperta si è rivelata vera per l’intero campione, sia quello degli studenti di Harvard che i partecipanti dei quartieri disagiati di Boston.
Waldinger dà anche qualche consiglio:
Lavorare fino a tardi o rispondere alle e-mail anche nel fine settimana? Per essere felici meglio evitare!
– cercare nuove persone con cui parlare e interagire
«Proprio come il nostro cervello risponde alla presenza di cibo nella pancia, ricompensandoci con sensazioni di piacere, allo stesso modo risponde all’interazione positiva con gli altri – afferma lo studioso
– L’interazione positiva comunica infatti al nostro corpo che siamo al sicuro, riducendo la nostra eccitazione fisica e aumentando il nostro senso di benessere».
Quando è iniziato lo studio i social media non esistevano ma, come sappiamo, negli ultimi anni hanno avuto un enorme impatto sul benessere.
I social possono avere anche un impatto positivo se usati moderatamente per mantenere e coltivare i rapporti e, dunque, per comunicare con altre persone. Al contrario, passare il tempo a guardare passivamente i contenuti degli altri fa sentire più isolati, poiché porta a confrontare la propria vita reale con la versione ‘social’ di quella di altre persone.
Parlare con un amico anche solo per otto minuti aumenta gli ormoni della felicità e fa sentire più rilassati.
Uno studio del 2021 pubblicato su JAMA Psychiatry, su 240 adulti, ha rilevato che quando si ricevono chiamate anche brevi, per poche volte alla settimana, i livelli di malinconia, solitudine e nervosismo diminuiscono rapidamente, con gli ormai ben noti benefici sulla nostra salute.
Le migliori interazioni avvengono quando siamo soli con i nostri amici. «La maggior parte di noi ha amici che ci danno energia ma non li vediamo abbastanza – spiega ancora Waldinger. Passare del tempo a tu per tu con persone amiche è, dunque, una risorsa che tendiamo a non sfruttare a sufficienza ma che, invece, può fare tanto in termini di benessere e felicità».
Alla luce dei risultati del Grant Study – relazioni interpersonali solide = felicità = longevità e salute – proviamo a capire cosa ci rende disponibili ad intraprenderle e cosa rende gli altri disponibili ad intraprenderle con noi…la capacità di comunicare nel modo giusto, verbalmente e non, questa è la chiave. Per far comprendere la nostra disponibilità a mostrarci e a porre attenzione a quello che gli altri ci mostrano di sé stessi; il nostro interesse ed apprezzamento reciproco – o anche l’opposto -; il nostro metterci in gioco per la risoluzione dei conflitti; il ruolo fondamentale che la persona con cui ci relazioniamo ha nella nostra vita… e così via, si tratti di un amico, un coniuge/compagno, un capo/dipendente. Comunicare e saperlo fare correttamente e, quindi, efficacemente è la chiave. Non sempre è facile, spesso ciò che sembra giusto per noi non lo è per la persona alla quale ci rivolgiamo; a volte pretendiamo addirittura che gli altri si esercitino in complicati quanto inefficaci “letture del pensiero”, per non impegnarci nella comunicazione dei nostri sentimenti; come può capitare che non dedichiamo il tempo e l’attenzione necessaria per pesare l’impatto sugli altri di un nostro gesto o anche solo di un nostro sguardo. Non sempre è facile, ma, per quanto emerso dal Grant Study – relazioni interpersonali solide = felicità = longevità e salute – vale certamente la pena impegnarsi a trovare la nostra migliore strada per essere in grado di costruire quelle relazioni che ci potranno aiutare a raggiungere l’obiettivo di una vita lunga e in salute.
NUOVE PROPOSTE
Da ottobre, nell’ambito del programma “thehealthbeingLab”, verranno organizzati cicli di sessioni di coaching sulla
questi corsi potranno essere seguiti singolarmente, in coppia o in gruppo, secondo l’ambito di applicazione e le priorità personali.
Bibliografia
The Good Life: Lessons from the World’s Longest Scientific Study of Happiness**, Robert Waldinger e Marc Schulz.
Triumphs of Experience: The Men of the Harvard Grant Study, George Vaillant